domenica 23 ottobre 2016

READY TO FLY?


Non è facile. Mi rendo conto di stare per fare considerazioni su una franchigia che nemmeno dovrebbe esistere talmente dalla sfiga che si porta dietro (e vorrei dire, siamo sempre nella terra del Voodoo). Non è facile nemmeno farlo dal punto di vista di un tifoso, come sarei io, perché è impossibile debellare i luoghi comuni riguardo New Orleans, che dopotutto hanno il loro fondo di verità.

Un ciclo si è chiuso a cavallo tra le ultime due stagioni (quando succede non è mai cosa buona), piuttosto che continuare un altro anno con Williams si è preferito puntare subito su Gentry sul pino, nonostante il cap intasato impedisse qualsiasi spazio di manovra e fosse quindi impossibile arrivare a giocatori adatti all'idea di gioco dell'ex-Suns. A dirla tutta, è stato piuttosto ingenerosa nei confronti di Williams la scelta di licenziarlo nonostante i playoff raggiunti nel 2015, e non dev'essere andata molto a genio nemmeno a buona parte del roster, che aveva ormai stretto un solido rapporto d'amicizia, oltre che professionale, con Monty.
Da un punto di vista prettamente tattico invece è stata senz'altro la scelta giusta: la pallacanestro di Williams si può tranquillamente definire "ball hog", termine generalmente usato riferito al giocatore e non all'intera squadra. In sostanza, è un tipo di gioco che tende ad azzerare la fluidità in attacco, incentrare a turno l'attacco su un unico giocatore e costruire sugli isolamenti l'intera manovra offensiva. Oltretutto, e qui non soltanto per demeriti propri, a Monty veniva rimproverata la pessima dimensione difensiva, sia perimetrale che sotto canestro, nonostante il sacrificio di una prima per arrivare ad un lungo con doti di rim protection come Asik. 
Classico esempio di "Palla a Anderson e tutti fuori dai coglioni".

C'era una sorta di garanzia, seppur minima, che il cambio sul pino fosse la scelta corretta, garanzia trasmessa dai recentissimi trascorsi di Gentry, quelli vittoriosi da assistant coach a Golden State. Insieme a Gentry sono arrivati Darren Erman dai Celtics per curare la difesa e Robert Pack da OKC come assistente. Sulla carta, tutte mosse con un senso logico e ben definito, e teoricamente le migliori per porre rimedio alle carenze dell'anno precedente. Ma si sa, il campo è un'altra cosa, le cose non vanno come sperato per via di tantissimi fattori: 

-In primis, la miriade di infortuni che colpisce NOLA fin dall'avvio di stagione e costringe a firmare undrafted e cessi vari (tra cui il povero Bryce Dejean-Jones, swingman da Iowa State, tragicamente morto per un malinteso a giugno), lasciando Gentry costantemente senza il roster al completo.
-L' inadeguatezza e l'inadattabilità di gran parte del roster in un sistema principalmente improntato sull'accorciare i tempi di gioco e concludere l'azione nei primi secondi, una sorta di "Seven second or less" che necessita comunque di ben'altra tenuta difensiva rispetto a quella mostrata dai Pels, nonostante il lavoro di Erman.
- L'impatto di Davis vistosamente calato, una volta portato fuori dal pitturato per renderlo una moderna stretch-four, dimenticando completamente i vantaggi che la dimensione interna di AD garantisce, le second chance sui rimbalzi offensivi e lo strapotere atletico.
Detto ciò, viene spontaneo chiedersi cosa sia cambiato rispetto all'anno scorso,  per poter nuovamente considerare i Pelicans una outsider nella corsa ai playoff. 
Beh, innanzitutto, è cambiato lo spazio di manovra a disposizione. I contratti di Anderson e Gordon sono terminati liberando circa 23 milioni sul cap, che hanno permesso a Demps di affrontare la free-agency con spazio e con le idee ben chiare, condivise da Gentry. Solomon Hill ha firmato un quadriennale a cifre decisamente sproporzionate, anche in una free-agency insensata come l'ultima a livello di cifre; probabilmente con quel contratto Demps si è assicurato di arrivare a Hill (perché scemi che gli offrivano di più non ce n'erano), e Gentry ha avuto il tipo di giocatore di cui aveva bisogno nello spot di 3. Un ottimo atleta capace di giocare anche sotto canestro da lungo atipico così come difendere forte in entrambe le posizioni di ala. Non è ancora anche solo lontanamente possibile definirlo 3&D, ma è un progetto in grado di diventarlo in futuro, se ci si lavorerà sopra. Moore e Galloway nel back-court arrivano per la facile adattabilità all'idea di gioco di Gentry, come profili in grado di garantire tiro e difesa su buoni livelli e gestire la palla senza bloccare eccessivamente il gioco. Jones è per lo più un rattoppo alla delicata situazione alle spalle di AD -che si presume giocherà molti più minuti da 5- e un back-up affidabile in quella posizione era praticamente un must, ed è interessante anche una front-line formata dai due ex-UK, idea tenuta molto in considerazione da Gentry per l'abilità di entrambi di andare a rimbalzo e spingere il contropiede per facilitare la transizione.
Ah già, ci sarebbe anche un Lance a gettone poi.
È cambiato che da quest'anno ci sarà un Buddy Hield in più a roster, giocatore di culto ai Sooners che ha incantato chiunque lo abbia visto giocare almeno una volta. E credetemi, sono felicissimo sia arrivato alla #6 così come sono entusiasta di cosa potrebbe diventare se gli si desse fiducia e spazio, ma per adesso ha solo bisogno di ambientarsi al piano di sopra, giocare i suoi minuti e prendersi tutti i tiri che pensa di poter mettere (oddio tutti tutti no eh, si rischia un bombardamento a tappeto).


Restano due questioni in sospeso: AD è al centro del progetto e intorno a lui vi sono discreti mestieranti, fatta eccezione per Tyreke Evans e Holiday, entrambi in scadenza nel 2017 ed entrambi out per l'inizio di stagione: il primo per un coagulo di sangue formatosi nel ginocchio e il secondo per star vicino alla moglie Lauren che in queste ore dovrebbe subire l'intervento per rimuovere un tumore dal cervello, dopo aver partorito una bambina pochi giorni fa. Personalmente, mi piacerebbe che Evans gestisse la palla in una second unit piuttosto che dall'inizio, anche da point-forward, poiché avrebbe le carte in regola per mettere in ritmo i tiratori e attirare aiuti dal lato debole con le sue skills in palleggio. Un ruolo più da leader e meno da prima donna, responsabilità offensive importanti e confido nel contract year per vedere un Tyreke diverso da quello pallido e deleterio dell'ultimo anno. Per quanto riguarda Holiday, e qua parla anche il fanboy che è in me (piccolo SPOILER, tra non molto apriremo l'angolo apposito per i fanboy), penso debba assolutamente essere il primo portatore di palla e la seconda opzione offensiva. Rimane a mio avviso un giocatore estremamente sottovalutato per l'apporto che riesce a dare both ends, la leadership, l'IQ e la freddezza nei finali.

È curioso ma affascinante che la line-up di partenza possa variare anche 82 volte in stagione (come dichiarato da Gentry), e stavolta non per via degli infortuni, ma per la reale possibilità di schierare quintetti diversi a seconda dei match-up con la squadra avversaria. Potrebbe risultare produttivo nel complesso, responsabilizzando tutti e rendendo ognuno protagonista, chi più chi meno. Ma anche questo rientra nella mia visione ottimistica delle cose, potrebbe essere un'altra stagione tremenda, piena di infortuni, morti improvvise, assenza di gioco, lamentele degli hater e così via. 
Staremo a vedere, se questi Pelicans sono finalmente pronti a spiccare il volo o continueranno a rimanere impantanati nelle paludi della Louisiana.

#TakeFlight

Nessun commento:

Posta un commento